Il sogno della fata

Basata sulla canzone Yousei no Yume dall’ album Shoujo Rengoku 4.

Sto sognando. Ultimamente è la stessa situazione ogni sera, ma con contenuti leggermente diversi.
Prima di tutto, mi trovo in una stanza buia in qualche posto occidentale che non conosco e sono un bruco. Sono un insetto bruno, ripugnante e velenoso, delle dimensioni di un neonato umano. Quando ho iniziato a fare questo sogno, non riuscivo a muovermi per niente, ma dopo averlo sognato continuamente, sono finalmente riuscita a muovermi un po’. Ieri qualcuno è sbucato dal nulla, ha aperto la porta, mi ha vista, ha urlato ed è scappato via. Così, per la prima volta, mi sono resa conto che apparentemente c’era una creatura diversa da me in casa, e che non era un insetto, ma un essere umano.
Poi la scena è cambiata da lì e mi ritrovo in un posto luminoso orientale. Probabilmente al sole. Sono un bruco che può stare nel palmo di una mano, e sono circondata da molti umani. Mi chiedevo se fossi temuta, come nel mio sogno precedente, ma sembravano trattarmi con molta attenzione e mi amavano. In questo sogno, posso muovermi normalmente, ma non riesco a uscire da quel che sembra essere una gabbia. E man mano che il sogno progredisce, posso vedere il mio corpo cambiare a poco a poco. A quanto pare, sto cercando di diventare una crisalide.
E così ogni notte faccio questi due sogni, e poi mi sveglio. Mi chiedo come mai mi sento euforica quando mi sveglio da questi sogni, anche se può essere estenuante svegliarsi e ricordarli così vividamente. Oggi sono volata via di casa di buon umore.

Mentre svolazzo in giro, sento una voce che dice: “Oh”. Mi giro, e vedo una donna con i capelli verdi e i vestiti a scacchi rossi. Mi chiedo se l’avessi già incontrata. Ha in mano un grande parasole. “Piacere di conoscerti”, mi dice mentre io sono perplessa.
“Sono solo una youkai che vive qui in un angolo di questo giardino fiorito. Mi dispiace di averti fermata bruscamente.”
“No, va tutto bene. Serve qualcosa?”
Mi guarda con uno sguardo assente. Poi lentamente mi prende la mano e sorride. C’è qualcosa di potente nel suo sorriso.
“D’ora in avanti sarà dura per te. Lo dico in senso buono, però. Te lo dico ora, così non ti spaventerai. Inoltre, l’ albero di tachibana è laggiù, signora dea randagia.”
Poi indica una direzione un po’ diversa da dove stavo andando, dice “okay, ciao”, mi sorride e se ne va, lasciandomi senza capire niente fino in fondo. Posso dire che deve essere una youkai molto forte, ma anche strana. “Beh, tutti gli youkai sono strani”, penso tra me e me, e volo via di nuovo.

Il sogno continua. Io, essendo un grosso insetto velenoso marrone, riuscivo a muovermi abbastanza bene, strisciando lungo le pareti della piccola stanza e guardando fuori dalla finestra. Era una terra piovosa, o forse è solo che ogni volta che la guardavo il tempo era poco chiaro e la città era tetra. Guardo verso la porta. Sembra tranquillo oggi. Qualche volta, prima, la gente cercava di darmi da mangiare e di pulire la mia stanza senza il mio permesso. Apparentemente c’era più di un umano, e sembravano pensare che io fossi uno di famiglia. Penso che sia strano che io sia un insetto ora.
Un giorno la porta era aperta, così ho deciso di uscire per un po’. Mi ha sorpresa vedere un essere umano che non avevo mai visto prima e mi ha tirato una mela. Ho cercato di dirgli di fermarsi, ma ovviamente ero un insetto, quindi non potevo parlare, e c’era un limite alla velocità con cui potevo muovermi. Poi la mela mi si è incastrata nella schiena, e il dolore scioccante mi ha offuscato la vista, e nel momento successivo il sogno ha cambiato scena. Il sole abbagliante era l’esatto opposto di quello che avevo visto prima. Se non fossi stata spostata all’ombra, credo che mi sarei rinsecchita. Gli umani si sono presi cura di me e mi hanno anche dato del cibo di lusso. Secondo l’umano che ogni tanto mi parlava, ero adorata come una divinità. Sembrava sempre che si divertissero a banchettare. Ma un giorno sono diventata una crisalide, come avevo percepito prima. Mentre il mio corpo si trasformava, i sorrisi di tutti svanivano. A quanto pare non è un cosa buona per una divinità diventare una crisalide. È complicato e non lo capisco bene.
Mi sveglio. A differenza dei primi giorni, ora non sono così stanca come dopo il risveglio. Nei miei sogni, le ferite che ho preso dalla mela continuavano a farmi male, e da quando ero diventata una crisalide, ovviamente non potevo più mangiare il cibo, e la gente non si prendeva più cura di me. Comincio a pensare che questo fosse un po’ un problema, che fossi stanca sia nei sogni che nella realtà. A pensarci bene, mi ricordo di quello che mi ha detto l’altro giorno la donna dai capelli verdi.
“D’ora in avanti sarà dura.”
Esatto, sta diventando sempre più dura. Ha detto che lo intendeva in senso buono, ma cosa significa? Mi chiedo se dovrei rivederla. Forse mi darà qualche altro consiglio. Mi alzo e cerco di volare, ma non ho abbastanza forza per farlo, e mi sdraio sul posto. La mia visione si oscura. Esiste una cosa come la morte per le fate? Non lo so, perché non sono mai morta.

È sempre il solito sogno. Da qualche parte sapevo che sarebbe stata l’ultimo. Ma questa volta l’ordine delle scene è stato invertito. Sono rimasta sola in Oriente e non c’è più nessuno con cui parlare. Mi sto asciugando senza essere spostata all’ombra che bloccava i raggi del sole, e quando mi guardo intorno, vedo che un certo numero di crisalidi come me sono state abbandonate, e nessuna di loro sembra aver mai raggiunto l’età adulta. Non ho fatto eccezione, a quanto pare. Sento il guscio della crisalide scricchiolare da dietro la mia schiena, ma non posso più muovermi. Se diventassi un’adulta, dovrei davvero mangiare del cibo. So che morirò di fame, incapace di uscire dalla crisalide. Oh, bene. Quindi era destino che fosse così. E dire che mi hanno consacrata come un divinità.
Quando respiro, la scena cambia. È la stanza depressa in Occidente. Le ferite si stanno infettando e le persone che sembrano la mia famiglia non mi danno più da mangiare, e sembrano aspettare che io muoia. Sì, una famiglia. Non capisco perché mi trattano così, anche se erano la mia famiglia, e comincio a sentirmi triste per loro. Ma allo stesso tempo, capisco la loro frustrazione che deve considerare un insetto così brutto e velenoso come parte di loro. Alla fine, con l’alba, la morte si avvicina sempre più, con il suono dei passi. Non ho odiato tanto la vista stagnante da questa finestra.
Nei due sogni sono stata trattata in modo molto diverso. C’era una differenza tra giusto e sbagliato, grande e piccolo, bello e brutto, nobile e umile. Ma indovinate un po’? Alla fine, in entrambi i casi, sono morta. Anche nella realtà sto morendo.
Ho del calore nelle mie mani. Qualcuno mi tiene la mano. L’ho già sentito prima.
“Ti è stato detto che sarebbe stata dura. Non c’è altra scelta.”
Il suono di quella voce mi riempie di forza, quasi come se fosse una bugia. Cedo all’impeto di quella forza, apro la schiena dell’insetto velenoso e me ne vado.

Mi guardo intorno e vedo che sono nella mia stanza. La proprietaria della voce non si trova da nessuna parte e non c’è traccia di lei. Ho in mano un ramo di tachibana pieno di foglie.
Che cos’era il sogno che avevo fatto? E dove sta la prova che questo non è un sogno? Sono la stessa cosa. Questo mondo e il sogno di notte sono la stessa cosa.
Mi alzo. Ho un’energia più che sufficiente nel mio corpo. Ringrazio quella persona di quel calore, chiunque fosse, e corro fuori nel cielo aperto dove mi aspetta il sole splendente. Penso che potrei facilmente diventare una divinità ora.